Consumi idrici anomali: come difendersi dalle “bollette pazze”
Le controversie relative al pagamento delle fatture per consumo di acqua, per uso domestico o irriguo, sono sempre più frequenti e, spesso, hanno ad oggetto somme di rilevante entità. I gestori, infatti, siano essi Enti pubblici o soggetti privati, richiedono il pagamento di ingenti somme anche quando, per le motivazioni addotte dall’utente, la loro spettanza appare, quantomeno, dubbia se non totalmente illegittima. Proveremo, quindi, a fornire le informazioni essenziali per poter verificare la correttezza dell’operato del Gestore e, se necessario, per contestare la legittimità delle relative richieste di pagamento. Innanzitutto è necessario inquadrare giuridicamente la fattispecie della fornitura di acqua; essa è pacificamente riconducibile al contratto di somministrazione, di cui all’art. 1559 c.c., che lo definisce come “il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. Nel normale svolgimento del rapporto, quindi, le parti sono obbligate reciprocamente, l’una a somministrare il bene oggetto del contratto e l’altra a pagarne il relativo prezzo; il venir meno di una delle due parti al proprio obbligo legittima l’altra a non adempiere a sua volta, in applicazione della norma generale dell’art. 1453 c.c., sui contratti a prestazioni corrispettive, e delle specifiche norme sul contratto di somministrazione: gli artt. 1564 e 1565 c.c., infatti, prevedono che in caso di inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l’inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti; inoltre, se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso. Ricordiamo, inoltre, la fondamentale norma dell’art. 1375 c.c., secondo cui “Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”; in virtù di tale disposizione, infatti, i principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione e nell’interpretazione del contratto rilevano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti. Fatto questo necessario richiamo alla normativa codicistica applicabile, affrontiamo il problema che si pone quando il Gestore idrico ci chiede il pagamento di somme per consumi che riteniamo non rispondenti alla realtà. Il presupposto da cui è necessario partire è che nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità. Quindi, il consumo indicato in fattura è un dato la cui esattezza ben può essere contestata, non avendo carattere assoluto, ma solo “presuntivamente” reale. Infatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23699 del 22/11/2016, ha affermato un importante principio di diritto sulla specifica questione, stabilendo che “In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, grava sul somministrante (il Gestore idrico, n.d.a.) l’onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi”. Con questa importante decisione il Supremo Collegio stabilisce il criterio per la ripartizione dell’onere della prova in caso di contestazione sulla quantificazione del consumo idrico; in virtù di tale criterio, pertanto, dovrà essere il Gestore del servizio idrico a fornire la prova della correttezza della rilevazione del consumo, mentre l’utente dovrà dimostrare che l’eccessivo consumo è ascrivibile a fattori esterni alla sfera del suo controllo, anche applicando la dovuta diligenza nella custodia dell’impianto. È interessante segnalare un significativo pronunciamento del Giudice di Pace di Agrigento, chiamato a dirimere una controversia insorta tra il Gestore del servizio idrico ed un utente, al quale il primo aveva sostituito il contatore per la rilevazione dei consumi senza che quest’ultimo fosse presente e, quindi, in assenza di contraddittorio. Con la sentenza n. 163 del 21/03/2014, il Giudice di Pace di Agrigento precisa, innanzitutto, che la fattura emessa dal fornitore del servizio non rende certa ed incontestabile l’entità della somministrazione, poiché resta un atto unilaterale di natura contabile, volto ad ottenere il pagamento dei consumi tenendo conto esclusivamente del convincimento dell’emittente. Ciò significa che se i dati che giustificano l’emissione di tale documento fiscale divergono rispetto ai dati reali ed effettivi, si può sempre procedere alla loro rettifica. Quindi, l’utente potrà sempre superare la presunzione di veridicità dei dati contenuti nella fattura, in virtù del diritto di contestazione di cui gode, mentre il fornitore del servizio dovrà sempre essere in grado di dimostrare il corretto funzionamento del contatore e la perfetta corrispondenza fra il dato fornito da tale strumento ed il dato trascritto in fattura (Cass. Civ. sez. III, 02/12/2002 n. 17041). Il giudice della sentenza in questione ha respinto la difesa del Gestore (che si appellava al fatto che la fattura era stata emessa sulla base del consumo comunicato dall’utente), poiché la comunicazione della lettura è un mero onere gravante sull’utente (il cui inadempimento determina come conseguenza esclusivamente di pagare l’eventuale conguaglio in caso di rilevamento di consumi superiori rispetto a quelli preventivati), posto che il consumo effettivo può essere rilevato solo e soltanto attraverso la lettura del contatore. Infine (e questo è un aspetto molto importante di tale sentenza), il Giudice di Pace di Agrigento ha ricordato che l’Autorità Garante per l’energia, all’art. 11 della deliberazione del 28/12/1999, stabilisce che la sostituzione del contatore può avvenire solo con il consenso scritto del cliente che, dopo aver preso visione dei consumi registrati al momento della sostituzione, li sottoscrive. Dunque, per garantire una tutela effettiva della corretta fatturazione dei consumi è necessario cristallizzare i dati rilevati dal contatore al momento della sua sostituzione, in quanto in un momento successivo lo strumento potrebbe essere manipolato o danneggiato durante il trasporto, non consentendo più una verifica attendibile dei consumi.
Avv. Paolo Messineo