Ministero dell’Istruzione condannato dal TAR ad eseguire la sentenza

Il giudizio di ottemperanza

Vincere una causa in Tribunale, spesso, non è sufficiente a garantire che la parte soccombente dia spontanea esecuzione a quanto disposto nella sentenza, specialmente quando questa ha ad oggetto la condanna al pagamento di una somma di denaro.

Se questo è vero quando la controparte è un privato, purtroppo non è men vero quando a non dare esecuzione al provvedimento del giudice è la Pubblica Amministrazione, con l’aggravante, in questo caso, che la parte vittoriosa incontrerebbe difficoltà molto maggiori se decidesse di ricorrere all’esecuzione forzata (es. pignoramento presso terzi).

In quest’ultimo caso, tuttavia, si può fare ricorso al c.d. giudizio di ottemperanza. Consiste in un procedimento, che si svolge davanti al TAR, al quale si chiede di ordinare all’Amministrazione inadempiente di dare esecuzione alla sentenza, chiedendo contestualmente la nomina di un Commissario ad acta, che provveda ad eseguire il provvedimento, nell’ipotesi in cui la P.A. continui a restare inadempiente.

La situazione appena descritta è quella in cui sono venuti a trovarsi dei dipendenti del Ministero dell’Istruzione, facenti parte del personale A.T.A., che avevano vinto la causa di lavoro per il riconoscimento del servizio pre ruolo e per il pagamento delle differenze retributive (avendo lavorato per tutto il periodo pre ruolo con contratti di collaborazione coordinata e continuativa), la cui sentenza, tuttavia, non era stata eseguita dal Ministero soccombente.

I predetti lavoratori, assistiti dagli avvocati Paolo Messineo e Giovanni Cristina, hanno proposto ricorso per ottemperanza al TAR di Palermo che, con sentenza n. 1799/2024, ha condannato il MIM a dare esecuzione alla sentenza nel termine di 60 giorni dalla notifica, nominando già – quale Commissario ad acta per l’ipotesi di mancato adempimento – il Direttore Generale pro tempore dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia.

L’Amministrazione resistente è stata, altresì, condannata al pagamento delle spese processuali.

 

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Avvocato Paolo Messineo
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