Il caso fortuito e la condotta del danneggiato
Torniamo ad occuparci della responsabilità da cose in custodia e, in particolare, del rapporto tra il caso fortuito e la condotta del danneggiato.
Ricordiamo succintamente la disciplina generale di tale fonte di responsabilità: ai sensi dell’art. 2051 c.c. “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Premesso che la nozione di “custode” deve essere intesa in senso ampio, essendo custode qualsiasi soggetto che abbia il potere di vigilanza sulla cosa, occorre dire che la norma pone a suo carico un obbligo di manutenzione sulla cosa oltreché il compimento di tutte quelle attività necessarie a preservarla e a non recare ad altri un danno ingiusto.
Quindi, se una cosa di cui si abbia la custodia nel senso sopra descritto cagioni un danno a terzi, il custode sarà tenuto al risarcimento. L’unico modo per sottrarsi all’obbligo risarcitorio è quello di dimostrare, con onere probatorio a suo carico, che il danno è stato cagionato dal “caso fortuito”.
In materia di riparto dell’onere della prova, l’art. 2051 c.c. impone al danneggiato di fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, nonché l’esistenza di un rapporto di custodia.
Bisogna evidenziare come in questi casi, la condotta tenuta dal danneggiato assume un ruolo significativo nella causazione dell’evento nonché rileva anche ai fini del quantum risarcitorio.
Anche la Cassazione Civile, Sez, III, ord. n. 25837 del 31 ottobre 2017, riconfermando quanto ora detto ha affermato che “la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia costituisce “caso fortuito”, idoneo ad escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., ove sia colposa ed imprevedibile”.
Per quanto concerne il custode, invece, al fine di andare esente da responsabilità, dovrà dimostrare il verificarsi di un evento imprevedibile ed inevitabile, eccezionale, tale da interrompere il nesso di causalità. Questo fattore esterno si individua nel caso fortuito, che prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode.
Ma qual è l’incidenza della condotta del danneggiato sul verificarsi del danno e, soprattutto, sulla relativa attribuzione di responsabilità? In altre parole, il comportamento del danneggiato può ridurre o, addirittura, annullare la responsabilità del custode?
Per rispondere a questa domanda utilizzeremo una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. III che, con Ordinanza n. 8478 del 05/05/2020 ha affrontato un caso di responsabilità da cose in custodia.
Il caso
Il ricorrente, ai sensi dell’art. 2051 c.c., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli un Condominio affermando di avere riportato gravi lesioni a seguito di una caduta occorsagli mentre si trovava nel detto Condominio, appoggiato ad una balaustra che aveva improvvisamente ceduto.
Tanto il Tribunale quanto, successivamente, la Corte di Appello di Napoli rigettavano la domanda in quanto, dalle testimonianze raccolte, era risultato che il ricorrente stava in piedi sulla balaustra e, quindi, aveva dato causa alla caduta.
Anche la suprema Corte dà torto al danneggiato ricorrente in quanto “la prova del fortuito, ravvisabile anche in una condotta esorbitante della parte che agisce invocando la speciale responsabilità per cose in custodia, può essere fornita mediante dimostrazione che la detta condotta sia stata per sé sola causativa dell’evento”.
La Corte richiama una precedente sentenza, la n. 2480/2018, a mente della quale “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole ed accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.
Avv. Paolo Messineo
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