Il concorso di crediti nel pignoramento presso terzi
Molto spesso accade che il creditore, che abbia promosso un pignoramento presso terzi per il recupero di quanto dovutogli, si veda rispondere dal terzo pignorato che le somme dovute al debitore esecutato sono già gravate da altri prelievi coattivi.
Cosa succede in questo caso? Nel presente contributo cercheremo di rispondere a questa domanda avvalendoci di una recente ordinanza di assegnazione (che è possibile scaricare in formato integrale al seguente link) e rinviando, per gli aspetti generali del pignoramento presso terzi, al nostro precedente articolo.
Il fatto
Un creditore aveva azionato un pignoramento presso il datore di lavoro del suo debitore, al fine di ottenere l’assegnazione del quinto della retribuzione a quest’ultimo dovuta. Senonché il datore di lavoro comunicava che la retribuzione era già gravata da un provvedimento di assegnazione coattiva ex art. 156, comma 5, c.c., in virtù del quale il datore di lavoro tratteneva la somma indicata dal giudice, che versava alla moglie separata del debitore a titolo di mantenimento.
A sua volta, il debitore proponeva opposizione, eccependo che l’importo residuo della retribuzione percepita fosse inferiore al minimo vitale, che dal pignoramento dovessero essere esclusi gli assegni familiari da lui percepiti e, infine, che nella determinazione della quota pignorabile si sarebbe dovuto tenere conto del suo onere di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio ed avuti con la nuova convivente.
Le questioni poste dal caso in questione
La prima questione riguarda la pignorabilità o meno degli assegni familiari percepiti dal debitore. Il giudice dell’esecuzione, a tal proposito, accoglie la soluzione negativa in quanto rileva che gli assegni familiari non costituiscono una voce della retribuzione, ma “una prestazione economica di sostegno al reddito erogata dall’I.N.P.S. (sia pure attraverso il datore di lavoro)”.
Ai sensi dell’art. 22 D.P.R. n. 797/1985, “gli assegni familiari non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti se non per causa di alimenti a favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti”, ipotesi che non ricorre nella fattispecie in esame.
La seconda questione riguarda l’eventuale incidenza e la relativa misura che il provvedimento di assegnazione ex art. 156, comma 5, c.c. possa avere nei confronti della determinazione della quota di retribuzione efficacemente pignorabile.
Ricordiamo, intanto, che la norma citata testualmente dispone: “In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto”.
Ebbene, il Tribunale, richiamando anche la giurisprudenza a proposito del decreto con cui, in sede di divorzio, il giudice disponga che una quota dei redditi del coniuge divorziato venga pagata direttamente all’altro (decreto cui viene espressamente riconosciuta “natura espropriativa”), conclude nel senso di equiparare – quanto meno per l’effetto sostanziale – il provvedimento emanato ex art. 156, comma 5, c.c. ad un provvedimento coattivo di assegnazione forzata.
Per tale ragione il Giudice dell’Esecuzione ha ritenuto applicabili le norme che disciplinano la simultanea pendenza di due vincoli (il primo, derivante dal provvedimento ex art. 156, comma 5, c.c., il secondo, derivante dal pignoramento).
In particolare, ai sensi dell’art. 545, comma 5, c.p.c., “Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette”. In virtù di tale disposizione, pertanto, la soglia della retribuzione pignorabile subisce un innalzamento (da un quinto alla metà), ma il legislatore ha, comunque, inteso perseguire un bilanciamento tra due principi fondamentali: da un lato, il principio di effettività della tutela giurisdizionale (anche esecutiva) ex art. 24 Cost.; dall’altro, il principio per cui, ex art. 36 Cost., la retribuzione deve essere sufficiente ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Tale bilanciamento viene attuato proprio grazie all’individuazione di un limite (la metà della retribuzione) oltre il quale, pur in presenza di una causa di credito particolarmente qualificata (quale il credito per alimenti), la retribuzione non è più suscettibile di essere aggredita coattivamente con azioni esecutive.
Concretamente, quanto fin qui detto implica che, nell’ipotesi in cui vi sia un concorso tra un pignoramento presso terzi ed un provvedimento di assegnazione ex art. 156, coma 5, c.c., si dovrà, anzitutto, calcolare autonomamente la quota di retribuzione astrattamente pignorabile (il quinto) e, poi, verificare se tale importo – sommato a quello già oggetto di assegnazione in via coattiva con l’ordine di pagamento diretto – superi o meno il limite massimo pignorabile fissato, come detto, nella metà della retribuzione.
Nel caso in cui il limite massimo della metà della retribuzione non sia superato, l’assegnazione avrà luogo in via ordinaria per l’intero importo del quinto; laddove, invece, la soglia della metà della retribuzione dovesse essere sforata, l’assegnazione ex pignoramento dovrà essere contenuta nei limiti di tale soglia, con conseguente riduzione dell’importo assegnato sino alla concorrenza del limite massimo.
La terza questione, infine, riguarda la rilevanza, eccepita dal debitore esecutato, dei nuovi carichi familiari (derivanti dai figli avuti con la nuova compagna) sulla sua capacità economica generale in ordine all’onere di mantenimento dei nuclei familiari a lui facenti capo.
Il Tribunale esclude tale rilevanza osservando che “la determinazione della quota di retribuzione pignorabile e dell’importo massimo della stessa in caso di concorso costituisca il risultato (…) di un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco”, riconducibili, da un lato, all’art. 24 e, dall’altro, all’art. 36 Cost.
Considerazioni finali
La decisione assunta dal Giudice dell’Esecuzione sembra condivisibile in quanto ispirata alla già citata esigenza di bilanciamento di contrapposti principi fondamentali dell’ordinamento. Abbiamo voluto esaminare tale provvedimento giudiziario in quanto il caso che ne costituisce l’oggetto è piuttosto frequente nella vita quotidiana, in considerazione dell’elevato numero delle separazioni e dei divorzi, cui segue la costituzione di nuovi nuclei familiari, anche di fatto, da parte di uno degli ex coniugi, la cui retribuzione può essere oggetto di pignoramento in virtù di una causa autonoma.
Ecco, allora, che sembra opportuno, oltreché utile, conoscere quali sono i criteri in base ai quali – in un eventuale procedimento esecutivo – il cespite del debitore esecutato potrà essere aggredito e, corrispondentemente, in quale misura il creditore procedente potrà essere soddisfatto.
Avv. Paolo Messineo