Il diritto di precedenza ex Legge 104/92 nella mobilità interprovinciale dei docenti
Premessa
Come tutti ormai sanno, la Legge n. 104/92 è un presidio normativo di fondamentale importanza per tutti coloro che vivono la disabilità, sia personalmente sia indirettamente, in quanto familiari di soggetto disabile.
La finalità di tale legge è proprio quella di consentire al disabile di superare gli ostacoli e le difficoltà connesse allo status di disabilità per permetterne e favorirne l’integrazione a livello sia sociale che lavorativo. Ciò evidentemente risponde al superiore precetto di rango costituzionale, dettato dall’art. 3 Cost. che, pertanto, conferisce alla Legge n. 104/92 una valenza “rafforzata”, in quanto attuativa di un principio fondamentale posto dalla nostra Carta: il principio di uguaglianza.
Ovviamente, la tutela della Legge 104/92 opera anche nel comparto scuola, agevolando tanto i docenti con disabilità quanto i docenti che prestano assistenza, quali referenti unici, a familiari disabili.
Ed è proprio su questo secondo profilo, quello dei docenti che assistono familiari disabili, che vogliamo rivolgere l’attenzione e che costituisce l’oggetto del presente contributo.
La contrattazione collettiva ed il problema della mobilità interprovinciale
Tutti i docenti fuori sede, specialmente in questi ultimi anni, stanno vivendo una grave situazione di disagio causata dall’eccessiva difficoltà (per non dire impossibilità) di ottenere il trasferimento verso una sede di proprio gradimento. Tale vicenda riguarda, ovviamente, anche quei docenti che, pur essendo titolari di precedenza ex L. 104/92 in quanto referenti unici di familiari con disabilità, non riescono ad ottenere l’agognato trasferimento, e proprio di questa categoria di docenti intendiamo occuparci.
Ma perché si verifica tutto questo? Il problema nasce dal fatto che la contrattazione collettiva sulla mobilità, ogni anno, inserisce nel testo del contratto una norma che esplicitamente esclude la possibilità che i docenti titolari di precedenza per assistenza al genitore in situazione di gravità possano far valere tale precedenza nelle operazioni di mobilità interprovinciale (trasferimenti tra province diverse), consentendola solamente nelle operazioni di assegnazione provvisoria.
Anche l’ultimo CCNI, quello valevole per il triennio 2019/2022, purtroppo, ripropone tale norma. Infatti, all’art. 13, punto IV, comma 9, si dispone testualmente: “Il figlio che assiste il genitore in situazione di gravità ha diritto di usufruire della precedenza tra province diverse esclusivamente nelle operazioni di assegnazione provvisoria, fermo restando il diritto a presentare la domanda di mobilità”.
È del tutto evidente che una tale limitazione all’esercizio del diritto di precedenza penalizza e procura un grave danno non solo ai docenti che ne sono titolari, impedendogli di ottenere il movimento richiesto ma, soprattutto, danneggia i familiari che quei docenti devono assistere.
E così, il lavoratore che avrebbe diritto di prestare la propria attività nella sede più vicina al familiare da assistere (ricordiamo che l’art. 33, comma 5, L. 104/92 dispone: “Il lavoratore (…) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”) si trova, molto spesso, assegnato in sedi di servizio lontane anche centinaia di chilometri dal domicilio del familiare e costretto, pertanto, a rinunciare a fornire personalmente allo stesso familiare l’assistenza cui avrebbe diritto.
Aggiungasi, poi, che la predetta limitazione non sembra rispondere ad alcuna giustificazione evidente, non essendo fornita la spiegazione del perché il docente che ha un diritto di precedenza per assistere un familiare disabile possa farlo valere, a livello interprovinciale, solo nelle operazioni di assegnazione provvisoria e non anche in quelle di trasferimento.
Tutto ciò appare come un gigantesco controsenso, sol che si rifletta sulla ratio della precedenza in questione, che è, appunto, quella di consentire al docente che abbia un genitore disabile di essere preferito nella scelta della sede di servizio più vicina al familiare. Per contro, proprio nelle operazioni di trasferimento interprovinciale, ove l’esigenza di assistenza è più urgente e pressante, si nega un sacrosanto diritto, in evidente spregio della normativa ordinaria e, aggiungeremmo, anche costituzionale.
La giurisprudenza
Questo stato di cose ha inevitabilmente innescato un nutrito contenzioso da parte di quei docenti che si vedono costantemente negare il diritto a far valere la precedenza per l’assistenza al genitore disabile nelle operazioni di trasferimento interprovinciale.
C’è da dire che, fortunatamente, la maggioranza delle sentenze dei magistrati del lavoro che si sono pronunciati sulla questione ha dato ragione ai docenti ricorrenti, dichiarando la disapplicazione della norma del CCNI sulla mobilità che prevede la limitazione in questione.
A titolo esemplificativo, riportiamo solo alcune tra le più recenti e significative decisioni.
Il Tribunale di Cuneo – sez. Lav., con Ordinanza n. 354/2019, dichiara l’illegittimità dell’art. 13 CCNI Mobilità 2018/2019 nella parte in cui non consentiva il riconoscimento della precedenza per assistenza al familiare disabile ex L. 104/92 nei trasferimenti interprovinciali.
Più specificamente, il Tribunale ha evidenziato il contrasto tra la disposizione limitativa posta dalla contrattazione collettiva e l’art. 33, comma 5, L. 104/92 che, quale norma di rango primario, riconosce il diritto all’assistenza del disabile in termini di diritto assoluto.
Il Giudice del Lavoro di Cuneo, Dott.ssa Paola ELEFANTE, richiamando una consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. 29 settembre 2002 n. 12692; Cass. 22 marzo 2005 n. 6117; Cass. 15 maggio 2004 n. 9290) ha enunciato il seguente principio: “L’interpretazione giurisprudenziale richiamata porta, pertanto, a ritenere che il diritto del lavoratore familiare del disabile può, quindi, cedere solo a fronte di rilevanti esigenze economiche, organizzative e produttive dell’impresa e – nei casi di rapporto di lavoro pubblico, come quello in esame – ad interessi della collettività ostativi di fatto alla operatività della scelta. L’onere di provare la sussistenza delle ragioni ostative del diritto alla scelta della sede viciniore, grava sul datore di lavoro e – per quanto d’interesse sull’amministrazione – il quale è tenuto ad allegare e dimostrare con riferimento al singolo posto di lavoro le concrete esigenze che impediscono la realizzazione del diritto soggettivo del lavoratore che assiste un familiare disabile a scegliere la sede più vicina al domicilio e quindi più idonea a garantire l’attuazione del diritto della persona disabile ad una assistenza continua ( cfr. Cass. 23857/2017)”.
Prosegue il Tribunale: “Deve pertanto ritenersi che l’art. 13 CCNI, nella parte richiamata dal convenuto, sia in contrasto con una norma imperativa posta a tutela di un diritto costituzionale del soggetto disabile all’assistenza, che non ammette una generalizzata ed astratta riduzione della possibilità di trasferimenti e che pertanto esso va disapplicato”.
Una volta disapplicata la norma del CCNI che limitava l’esercizio del diritto di precedenza, è stata disposta l’assegnazione della ricorrente presso una sede (vacante e disponibile) viciniore alla sua residenza, tra quelle indicate nella domanda di mobilità e secondo l’ordine di preferenza dalla stessa espresso.
Ancora, il Tribunale di Paola – sez. Lav., con Ordinanza n. 6621/2019, ha accolto il ricorso della docente, motivando la decisione in questi termini: “Non trova giustificazione, infatti, la disparità di trattamento tra docenti che partecipano alla mobilità provinciale e quelli che, come l’odierna ricorrente, partecipano alla mobilità interprovinciale, essendo tale distinguo del tutto estraneo alla disciplina nazionale. In pratica, il CCNI viola la norma imperativa fissata dall’art. 33 l. n. 104/1992, che tutela interessi primari garantiti costituzionalmente, i quali non possono essere disattesi nel nome di situazioni cui la legge non assicura la medesima tutela”.
Come detto, queste sono solo alcune tra le sempre più frequenti decisioni che la magistratura del lavoro sta assumendo sul tema in questione. D’altro canto, non si spiega come sia possibile, anche a fronte dell’intervento dei giudici, che la contrattazione collettiva continui a riproporre, anno dopo anno, tale inspiegabile ed immotivato limite al riconoscimento di un diritto di fondamentale importanza per la vita di moltissimi docenti e dei loro familiari.
Alla luce di quanti sin qui esposto, riteniamo che al docente che si trovi nella situazione che abbiamo descritto non rimanga altra possibilità, in assenza di un auspicabile ripensamento da parte del MIUR, se non quella di investire della questione l’Autorità Giudiziaria competente in funzione di Giudice del Lavoro.
Avv. Paolo Messineo
Aggiornamento del 03/03/2020
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