Il reddito di cittadinanza e l’assegno di divorzio

L’introduzione del c.d. “reddito di cittadinanza” nel 2019 è stata certamente una misura di forte impatto socio-economico, in quanto finalizzata – nelle intenzioni del legislatore – a sostenere le condizioni economiche dei cittadini più bisognosi e a stimolare, al contempo, l’inserimento degli stessi nel mercato del lavoro.

A prescindere dalle valutazioni personali sull’efficacia e/o opportunità di tale misura, è comunque innegabile che il reddito di cittadinanza è potenzialmente idoneo a produrre conseguenze sugli equilibri economici tra il beneficiario ed i terzi.

Abbiamo già affrontato la questione della pignorabilità del reddito di cittadinanza (Il pignoramento del reddito di cittadinanza); ora riteniamo utile esaminare un ulteriore aspetto legato a tale misura economica, e precisamente quello della sua incidenza sull’assegno divorzile.

A tal fine ci avvarremo di una sentenza del Tribunale di Frosinone del 18/02/2020, nella quale il giudice, tenendo conto della percepibilità, da parte della moglie, del reddito di cittadinanza, le ha negato il richiesto assegno divorzile.

La vicenda

Con ricorso depositato nel 2017, una moglie sessantunenne adiva il Tribunale per sentire dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio (il divorzio) e porre a carico del marito u assegno divorzile pari ad € 200,00 mensili.

Allegava di avere un reddito da lavoro talmente insufficiente per soddisfare i propri bisogni da percepire regolari aiuti economici da enti pubblici e dai propri familiari.

Nel corso della causa entrava, intanto, in vigore la Legge n. 26 del 29/03/2019, istitutiva del reddito di cittadinanza, cosicché il marito allegava che la moglie fosse in possesso di tutti i requisiti richiesti per accedere alla percezione della misura economica appena introdotta.

In particolare, egli sosteneva che, per effetto della nuova normativa, la moglie avesse diritto a percepire un reddito adeguato al proprio mantenimento, appunto il reddito di cittadinanza e, conseguentemente, che non avesse diritto a chiedere l’assegno di divorzio.

Infatti, aggiungeva, per consolidata giurisprudenza, il diritto all’assegno divorzile viene meno laddove il reddito percepito o percepibile sia congruo e tale da escludere  tale diritto.

Né l’eventuale inerzia della moglie nel richiedere tale misura poteva gravare negativamente su di lui; anzi, la mancata proposizione della domanda doveva essere interpretata in senso sfavorevole alla stessa ricorrente, in quanto avrebbe costituito una volontaria sottrazione ai miglioramenti del reddito previsti per legge.

Dall’istruttoria era emerso che i coniugi si erano separati consensualmente; che la moglie abitava in una casa in affitto, il cui canone di locazione era superiore al suo reddito da lavoro; che la stessa beneficiava di aiuti pubblici regolari, oltre che di aiuti economici da parte dei suoi familiari; che il marito viveva con una pensione di € 1.200,00 mensili che condivideva con una nuova compagna.

La moglie, inoltre, non aveva contestato il possesso dei requisiti per accedere al beneficio del reddito di cittadinanza, ma non aveva chiarito se lo avesse chiesto o ottenuto.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale osserva che la richiedente l’assegno è comproprietaria di un immobile; che percepisce un reddito da lavoro nonché aiuti pubblici e privati; che ha grande capacità lavorativa; che non contesta di essere in possesso dei requisiti per accedere al reddito di cittadinanza.

Ciò premesso, prosegue il Giudice, la richiedente è “in condizione di ottenere benefici pubblici in misura addirittura superiore al reddito percepito ed a quest’ultimo maggiorato dell’invocato assegno di divorzio”.

Conclude, pertanto, che il reddito attualmente percepito e quello in concreto percepibile, non giustifichi la corresponsione di alcuna somma a titolo assistenziale, perequativo o compensativo.

La giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che, affinché possa essere concesso l’assegno divorzile, sia necessario in primis accertare l’inadeguatezza dei mezzi economici del richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive; in particolare, il diritto all’assegno deve essere escluso laddove il reddito percepito o percepibile sia congruo.

La valutazione delle capacità reddituali del richiedente l’assegno divorzile deve tenere conto di ogni tipo di reddito disponibile. In tale nozione devono, pertanto, sicuramente ricomprendersi “le elargizioni da parte dei familiari che si protraggano in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità” e “tutte le altre circostanze non indicate specificamente né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti”, tra cui può senz’altro annoverarsi il reddito di cittadinanza.

Esso, infatti, in quanto attribuisce al beneficiario risorse per le spese essenziali, costituisce un’utilità certamente suscettibile di valutazione economica; utilità, per di più, da stimare non solo in quanto effettivamente e concretamente goduta ma anche laddove meramente godibile.

Avv. Paolo Messineo      

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