Il riconoscimento del servizio pre ruolo nella scuola statale
Gli ultimi mesi hanno fatto registrare un notevole “fervore” giurisprudenziale in materia di diritto scolastico, segnatamente con riguardo al tema del riconoscimento degli anni di servizio pre ruolo.
Invero, la questione è molto accesa e dibattuta ed il nostro Studio se ne occupa con interesse. Abbiamo dato conto del recentissimo pronunciamento della Corte di Cassazione (La Cassazione nega il riconoscimento del servizio pre ruolo prestato nella scuola paritaria) che – purtroppo – rappresenta una brusca frenata nel percorso verso il più che legittimo riconoscimento del servizio prestato nella scuola paritaria.
Di contro, per fortuna, possiamo dare ai docenti che ne fossero interessati una buona notizia per quanto riguarda il riconoscimento del servizio pre ruolo prestato nella scuola statale, grazie a due recenti sentenze, sempre della Cassazione, relative al personale docente ed al personale A.T.A.
Con la sentenza n. 31149 del 28/11/2019, infatti, la Suprema Corte, confermando la decisione della Corte di Appello di Genova (che, a sua volta, aveva confermato il pronunciamento del Tribunale), ha rigettato il ricorso proposto dal MIUR avverso la sentenza che aveva riconosciuto ad una docente “la progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato in ragione dei contratti di lavoro a termine di cui agli atti”, condannando, pertanto, il Ministero al pagamento delle relative differenze retributive.
La docente aveva chiesto il riconoscimento di 10 anni di servizio pre ruolo, ma l’Ufficio Scolastico Regionale ne aveva riconosciuti solo 9 a fini giuridici ed economici, in ragione dell’abbattimento previsto dall’art. 485 D.Lgs. n. 297/1994. La Corte di Appello, tuttavia, aveva dichiarato tale abbattimento non giustificabile con ragioni obiettive e, conseguentemente, aveva disapplicato la relativa disposizione per contrarietà alla Clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE.
La Corte di Cassazione, dopo aver ricostruito il quadro normativo che disciplina la materia, argomenta nei seguenti termini: l’art. 485 del D.Lgs. n. 297/1994 opera un abbattimento dell’anzianità per il periodo eccedente i primi quattro anni di servizio (per i quali, invece, vi è un integrale riconoscimento ai fini giuridici ed economici), con evidente penalizzazione per i precari di lungo corso, i quali hanno accumulato molti anni di servizio in eccedenza rispetto ai primi quattro.
Nonostante ciò, prosegue la Corte, tale norma non era priva di ragionevolezza in quanto collocata all’interno di un sistema di reclutamento basato sulla regola del c.d. “doppio canale” che prevedeva, da un lato, l’immissione in ruolo periodica dei docenti (attingendo, per il 50%, dalle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami e, per l’altro 50%, dalle graduatorie permanenti) e, dall’altro, stabiliva la cadenza triennale dei concorsi.
Tuttavia, afferma la Cassazione con estrema lucidità, le immissioni in ruolo non sono avvenute in passato con la periodicità pensata dal Legislatore, circostanza che ha comportato che i docenti stabilizzati per effetto dei piani straordinari di reclutamento e della Legge n. 107/2015 hanno potuto vantare, al momento dell’immissione in ruolo, un’anzianità di servizio di gran lunga maggiore rispetto ai quattro anni, coperti integralmente dal riconoscimento, anzianità che invece viene pesantemente falcidiata dalla norma contestata.
Richiamando la giurisprudenza sia della Corte di Giustizia Europea sia nazionale formatasi sulla questione, la Corte di Cassazione finisce col ribadire il principio per cui va riconosciuto il diritto dei supplenti temporanei a percepire, in proporzione all’attività prestata, la retribuzione professionale dei docenti di ruolo.
La disparità di trattamento, secondo la Cassazione, non può essere giustificata dalla natura non di ruolo del rapporto di impiego, dalla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, dalle modalità di reclutamento del personale scolastico e dalle esigenze che il sistema mira ad assicurare.
Infine, la Corte chiarisce quale sia il criterio per valutare se vi sia stata o meno una discriminazione di trattamento retributivo in danno del docente a tempo determinato successivamente stabilizzato.
Afferma testualmente la sentenza: “Nel calcolo dell’anzianità occorre tener conto del solo servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l’assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l’assunto a tempo indeterminato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità ed istituti assimilati), con la conseguenza che non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, in relazione ai quali questa Corte ha già da tempo escluso la spettanza del diritto alla retribuzione, sul presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio”.
Conclude, quindi: “Qualora, all’esito del calcolo effettuato nei termini sopra indicati, il risultato complessivo dovesse risultare superiore a quello ottenuto con l’applicazione dei criteri di cui all’art. 485 del D.Lgs. n. 297/1994, la norma di diritto interno deve essere disapplicata ed al docente va riconosciuto il medesimo trattamento che, nelle stesse condizioni qualitative e quantitative, sarebbe stato attribuito all’insegnante assunto a tempo indeterminato, perché l’abbattimento, in quanto non giustificato da ragione oggettiva, non appare conforme al diritto dell’Unione”.
Considerazioni analoghe ed analoghi principi di diritto la Corte di Cassazione richiama nella sentenza n. 31150 del 28/11/2019 per sancire la legittima disapplicazione dell’art. 569 del D.Lgs. n. 297/1994, che prevede, per il personale A.T.A., l’integrale riconoscimento del servizio pre ruolo solo per i primi tre anni.
Rinviando alla lettura del testo integrale delle sentenze citate, possiamo però trarre le seguenti conclusioni: le decisioni in commento rappresentano sicuramente un importantissimo punto fermo nell’enorme contenzioso che si sta sviluppando in relazione al tema del riconoscimento del servizio per ruolo.
Se è vero, come si accennava all’inizio di questo breve contributo, che la Cassazione sembra, momentaneamente, sbarrare la strada al riconoscimento del servizio pre ruolo nella scuola paritaria, le sentenze che abbiamo commentato contribuiscono a rafforzare la posizione di tutto quel personale, docente ed A.T.A., che ha prestato anni ed anni di servizio pre ruolo nella scuola statale e che vanta, conseguentemente, il legittimo diritto al relativo integrale riconoscimento.
Avv. Paolo Messineo