La c.d. “legittima” e l’azione di riduzione

Cos’è la “legittima”?

Com’è noto, alla morte di ogni individuo si verifica il fenomeno della successione, in virtù del quale il patrimonio del de cuius si devolve ai suoi eredi, affinché i beni che lo compongono abbiano sempre un titolare certo.

Come dispone l’art. 457, comma 1 c.c., “l’eredità si devolve per legge o per testamento”; più precisamente, se chi muore ha lasciato un testamento valido, la successione avverrà secondo le disposizioni di esso (fatti salvi i limiti imposti dalla legge); in mancanza, avverrà secondo le disposizioni di legge.

L’art. 536, comma 1 c.c. stabilisce che “le persone, a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti”.

Dalla norma si ricava, quindi, che la c.d. “legittima” è la quota di eredità riservata per legge a determinate categorie di successibili, individuate nel coniuge, nei figli e negli ascendenti che, per questo, vengono anche chiamati “legittimari”.

La finalità di tale previsione normativa è quella di impedire che, per mezzo di disposizioni testamentarie, possa essere pregiudicato il diritto dei familiari più prossimi a ricevere una porzione del patrimonio del de cuius che, pertanto, potrà validamente disporre del suo patrimonio solo per la parte eccedente la quota di riserva.

La legge stabilisce in maniera precisa l’entità della legittima, che varia in relazione al numero ed alla categoria di eredi; per schematizzare, possiamo individuare così le ipotesi più rilevanti:

Successione solo di uno o più figli

  • se il genitore lascia un figlio solo, a questi è riservata la metà del patrimonio;
  • se il genitore lascia più figli, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli;

Successione di coniuge e figli

  • se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest’ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge;
  • quando i figli sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio (da dividere in parti uguali tra loro) ed al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto;

Successione di ascendenti e coniuge

  • quando chi muore non lascia figli, ma ascendenti ed il coniuge, a quest’ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.

È necessario ricordare che, per effetto del D. Lgs. 28/12/2013 n. 154, la distinzione tra figli legittimi e figli naturali è stata abolita, cosicché i criteri di ripartizione della quota di legittima sopra individuati trovano applicazione nei confronti sia dei figli nati in costanza di matrimonio sia di quelli nati al di fuori di esso.

L’azione di riduzione

Una volta individuati i criteri che stabiliscono la misura della quota di riserva in favore dei legittimari, occorre chiedersi cosa succede nel caso (invero non infrequente) in cui si apra una successione testamentaria con la quale il testatore abbia ecceduto la quota di patrimonio di cui poteva validamente disporre (detta, appunto, “disponibile”), intaccando la quota di riserva di uno o più legittimari.

Il codice civile offre al legittimario che ritenga di essere avere subìto una lesione della sua quota di riserva l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre, disciplinata dagli artt. 553 ss. c.c.

Innanzitutto, è necessario verificare preliminarmente se vi sia stata una effettiva lesione della legittima e, a tal fine, occorre determinare – ai sensi dell’art. 556 c.c. – l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre.

La norma dispone di formare una massa (la c.d. “massa ereditaria”) di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, da cui sottrarre i debiti.

Poiché il defunto avrebbe potuto disporre di alcuni beni in vita mediante donazione, la norma impone di riunire fittiziamente alla massa ereditaria i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione.

Una volta formato in tal modo l’asse ereditario, su quest’ultimo viene calcolata la quota di cui il defunto poteva liberamente disporre.

L’azione di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della porzione di legittima può essere domandata solo dai legittimari o dai loro eredi o aventi causa.

La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari, affinché tra le disposizioni ridotte sia conservata la stessa proporzione di valore voluta dal testatore.

La riduzione delle donazioni, invece, avviene iniziando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori.

L’art. 561 c.c., poi, stabilisce che “gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati…I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione…”. In quest’ultimo caso, tuttavia, è fatto obbligo al donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro il termine di dieci anni dall’apertura della successione.

Avv. Paolo Messineo

 

 

 

 

 

Leave a Comment