La responsabilità da prodotto difettoso

A chi non è mai capitato almeno una volta di acquistare un prodotto che poi si è rivelato essere difettoso?

In questo caso, solitamente, ci poniamo delle domande cui non sempre siamo in grado di rispondere, ovvero: chi risponde del difetto? A cosa ho diritto? Entro quanto tempo posso reclamare?

Per dare una risposta, necessariamente sintetica ma esaustiva, a queste domande, affronteremo in questa sede il tema della responsabilità da prodotto difettoso, cercando di fare chiarezza sui diritti del consumatore, rispondendo alle seguenti domande.

Quando un prodotto può dirsi “difettoso”?

Ai sensi dell’art. 117, comma 1 del Codice del Consumo (D.Lgs. 06/09/2005 n. 206), “un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:

  1. il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
  2. l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere;
  3. il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.”

Come si evince, la nozione di difetto è costruita sulla base di standards di sicurezza del prodotto, con riferimento alle attese legittime della cerchia di consumatori cui il prodotto è destinato.

Con riferimento al criterio di cui alla lettera a), si tratta di guardare alla presentazione del prodotto (anche sotto il profilo della sua presentazione pubblicitaria), nonché alle istruzioni ed avvertenze che lo accompagnano.

Così, se le tecniche generali di persuasione o le specifiche tecniche pubblicitarie utilizzate dal produttore sono tali da avvalorare un’impressione di assoluta sicurezza del prodotto, laddove ciò non corrisponde a verità, questo è un elemento che dovrà essere preso in considerazione al fine di affermare la responsabilità di impresa.

Prosegue il secondo comma dell’art. 117 affermando che “un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in commercio”.

Chiude, poi, il terzo comma stabilendo che “un prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie”.

Chi risponde dei difetti del prodotto?

Ai sensi dell’art. 114 Codice del Consumo, “il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto”.

Il comma 2-bis dell’art. 115, poi, definisce come “produttore” il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, il produttore della materia prima, nonché, per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore ed il cacciatore.

Pertanto, viene configurata immediatamente una responsabilità diretta in capo al fabbricante del prodotto, che prende i connotati di una vera e propria responsabilità oggettiva, in quanto prescinde dall’accertamento della colpa del danneggiante.

Ai fini della condanna del produttore per i danni causati dal suo prodotto difettoso, è infatti sufficiente che il danneggiato provi il danno, la difettosità del prodotto e quindi il nesso causale tra l’uno e l’altra.

Quella del produttore è responsabilità oggettiva, ma non assoluta, essendo pur sempre legata all’esistenza di un difetto e di un danno causalmente legato al primo.

Si tratta, poi, di una responsabilità speciale, che si affianca alla generale fattispecie di responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c.

Oltre a quella del produttore, il Codice del Consumo configura una responsabilità anche a carico del fornitore, cioè di colui che si occupa della vendita, della locazione, del leasing o di altra forma di commercializzazione del prodotto e, quindi, in definitiva, di colui che realizza comunque il passaggio della merce dal produttore al consumatore.

Ai sensi dell’art. 116, comma 1 del suddetto Codice, infatti, “quando il produttore non sia identificato, è sottoposto alla stessa responsabilità il fornitore che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale, se ha omesso di comunicare al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta, l’identità e il domicilio del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto”.

Quindi, il fornitore potrà essere chiamato a rispondere del prodotto difettoso solo qualora, non essendo individuato il produttore, si rifiuti o non sia in grado di collaborare con il danneggiato, indicandogli il produttore o fornendogli utili indizi per giungere a lui. La responsabilità oggettiva del fornitore ha, quindi, esclusivamente lo scopo di indurre quest’ultimo a rivelare l’identità del produttore, in tal modo consentendo al danneggiato di raggiungerlo.

La responsabilità del fornitore è subordinata alla triplice condizione che: a) non sia nota l’identità del produttore; b) il fornitore abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale; c) non sia stato in grado o abbia omesso di comunicare, nel termine di tre mesi dalla richiesta formulatagli dal danneggiato, l’identità o il domicilio del produttore o della persona che, a sua volta, gli ha fornito il prodotto.

Che tipo di danno è risarcibile?

L’art. 123 del Codice del Consumo stabilisce che è risarcibile: a) il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali e b) la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato. Il danno a cose è risarcibile solo nella misura che ecceda la somma di euro trecentottantasette.

Per quanto riguarda il danno a cose, stando alla disposizione di cui alla lettera b), resta escluso dalla risarcibilità il danno che si verifichi al prodotto, il quale potrà essere risarcito applicando la tutela contrattuale e, quindi, invocando l’art. 128 ss. del Codice del Consumo ovvero la generale responsabilità per colpa ex art. 2043 c.c.

Quali sono i termini di prescrizione?

Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile.

Così stabilisce l’art. 125, comma 1 del Codice del Consumo, abbreviando, quindi, l’ordinario termine quinquennale previsto dall’art. 2947 c.c. per la responsabilità extracontrattuale. A favore del danneggiato, è quindi necessaria, ai fini del decorso del termine di prescrizione, la conoscenza (o conoscibilità) di tutti e tre gli elementi di cui sopra.

La garanzia legale di conformità e le garanzie commerciali per i beni di consumo.

Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se siano idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; se siano conformi alla descrizione fatta dal venditore; se presentino le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo.

Pertanto, nei contratti relativi all’acquisto di beni di consumo, la conformità del bene al contratto si configura quale specifica obbligazione gravante sul venditore, diversa ed autonoma sia da quella avente ad oggetto il trasferimento della proprietà sia da quella di consegna del bene, che rimangono interamente ed esclusivamente assoggettate alla disciplina generale del contratto e dei singoli tipi contrattuali.

I diritti del consumatore.

Affrontiamo adesso l’aspetto centrale del tema in oggetto, ovvero la disamina dei diritti spettanti al consumatore e gli strumenti di difesa cui può fare ricorso.

L’art. 130, comma 1 del Codice del Consumo stabilisce senza incertezze che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene”.

Prosegue il secondo comma: “in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto”.

Quindi, il venditore risponde di qualsiasi difetto di conformità, senza che possa essere operata una distinzione in relazione alla gravità o entità del difetto, all’importanza dell’affare o all’incidenza sul valore di mercato del bene.

Presupposto necessario affinché il venditore possa essere chiamato a rispondere nei confronti del consumatore dell’inesatto adempimento dell’obbligazione di consegnare un bene conforme al contratto è che il difetto di conformità (oltre a manifestarsi entro il termine di due anni, come vedremo) sussista al momento della consegna del bene di consumo, indipendentemente dalla sussistenza di una colpa del venditore o, persino, del caso fortuito.

Come abbiamo detto, qualora venga consegnato un bene che presenti un difetto di conformità, il consumatore può anzitutto pretendere il ripristino della stessa, scegliendo tra la riparazione e la sostituzione.

La riparazione comporta l’insorgere, in capo al venditore, di un’obbligazione di facere avente ad oggetto lo svolgimento di tutte le attività necessarie per eliminare il difetto di conformità e che potrà considerarsi adempiuta soltanto con l’effettiva eliminazione del difetto medesimo.

La sostituzione dà invece luogo ad un’obbligazione di dare, avente ad oggetto il trasferimento e la consegna al consumatore di un bene dotato di tutte le caratteristiche che il bene inizialmente consegnato avrebbe dovuto possedere per essere considerato conforme al contratto.

Carattere essenziale delle prestazioni  che il venditore è tenuto ad effettuare per eliminare il difetto di conformità è la gratuità, con la conseguenza che i costi della riparazione o della sostituzione (comprensivi delle spese relative a spedizione, mano d’opera e materiali) sono a carico del venditore.

Tuttavia, quello alla riparazione e/o sostituzione non è un diritto “assoluto”, nel senso che trova un limite nella oggettiva impossibilità o nella eccessiva onerosità, di cui all’art. 130, comma 3 del Codice del Consumo.

L’impossibilità deve essere oggettiva, con la conseguenza che è irrilevante a tal fine la circostanza che la riparazione o la sostituzione possa essere agevolmente eseguita da un terzo.

All’impossibilità della sostituzione o della riparazione vanno equiparati i casi in cui tali rimedi non siano suscettibili di essere compiuti entro un congruo termine o senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

In alternativa (ed in subordine) alla riparazione e/o sostituzione del bene, il consumatore potrà avvalersi della riduzione del prezzo o della risoluzione del contratto.

La riduzione del prezzo consiste nella diminuzione dell’entità della somma di denaro che il consumatore si è contrattualmente impegnato a versare quale corrispettivo dell’acquisto del bene di consumo e determina la parziale estinzione dell’obbligazione pecuniaria gravante su di esso.

Conseguentemente, il consumatore avrà diritto di trattenere la somma di denaro oggetto della riduzione ovvero di pretenderne la restituzione nel caso in cui il corrispettivo originariamente pattuito sia stato già interamente versato.

La risoluzione del contratto comporta lo scioglimento del rapporto instauratosi a seguito della stipulazione del contratto, cui consegue, per ciascuna delle parti, l’estinzione dei diritti e degli obblighi da esso derivanti.

Termini.

A norma dell’art. 132 del Codice del Consumo, “il venditore è responsabile quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene”.

Prosegue, poi, al secondo comma: “il consumatore decade dai diritti previsti dall’art. 130, comma 2 (riparazione, sostituzione, riduzione del prezzo e/o risoluzione del contratto), se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato”.

Il successivo terzo comma statuisce: “salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità“.

Chiude, infine, il quarto comma: “l’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene”.

Avv. Paolo Messineo

Leave a Comment