L’assegno di divorzio è dovuto anche se all’obbligato rimane poco

In questo contributo commentiamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6982/2020, con la quale il Supremo Collegio ha rigettato, dichiarandolo inammissibile, il ricorso proposto da un marito avverso la sentenza della Corte di Appello, che aveva confermato la misura dell’assegno divorzile in favore della moglie in € 450,00 mensili.

Nello specifico, con il primo motivo di ricorso il marito censurava la sentenza di appello in quanto, a suo dire, la Corte Territoriale non avrebbe tenuto conto della situazione economica delle parti e delle rispettive posizioni reddituali, nonché dell’impossibilità, per il ricorrente, di mantenersi con il solo importo di € 450,00 mensili, somma residua al netto della detrazione della rata mensile di muto immobiliare (pari ad € 360,00) e della somma da versare alla ex moglie (€ 450,00).

Al contrario, quest’ultima, prima disoccupata e beneficiaria, appunto del l’assegno divorzile, ha successivamente trovato occupazione quale badante, percependo per tale attività l’ulteriore importo di € 500,00 mensili.

Inoltre, con il secondo motivo di ricorso, il marito si doleva del fatto che il giudice di appello non avesse tenuto conto del nuovo matrimonio contratto dal ricorrente e del relativo ulteriore nuovo onere economico.

Da qui la richiesta di modifica delle condizioni economiche del divorzio proposta dall’ex marito.

La Cassazione, tuttavia, come detto, ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base delle seguenti considerazioni.

La sentenza impugnata, infatti, ha preso in considerazione la situazione economica delle parti e, in particolare, la nuova attività lavorativa della moglie. Tale circostanza non risulta essere stata trascurata dal giudice territoriale, che ha lasciato immutato l’assegno divorzile nella misura di € 450,00 mensili, pur tenendo conto del sopravvenuto reddito della moglie di ulteriori € 500,00 al mese.

La Corte di Cassazione conferma la sentenza impugnata sulla base della pronuncia delle Sezioni Unite della stessa Corte n. 18287 dell’11/07/2018, secondo la quale “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, Legge n. 898/1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sull’attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

La Corte, inoltre, richiama a sostegno della sua motivazione anche l’Ordinanza n. 21926 del 30/08/2019 emessa dalla I^ Sezione, la quale afferma: “L’assegno divorzile ha una imprescindibile funzione assistenziale, ma anche, e in pari misura, compensativa e perequativa. Pertanto, qualora vi sia uno squilibrio effettivo, e di non modesta entità, tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, occorre accertare se tale squilibrio sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due. Laddove, però, risulti che l’intero patrimonio dell’ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell’altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e […] sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l’esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali peculiari condizioni, l’assegno di divorzio”.

Avv. Paolo Messineo  

    

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