L’assegno di mantenimento nella separazione. I criteri per la quantificazione e le modalità di corresponsione

Dopo aver analizzato i presupposti necessari per poter chiedere l’attribuzione di un assegno di mantenimento, in questo secondo contributo affronteremo la questione della sua concreta quantificazione.

Una volta accertato, infatti, il diritto del coniuge richiedente a percepire dall’altro l’assegno separativo, dovrà concretamente procedersi alla determinazione del suo ammontare e, sotto quest’ultimo profilo, la norma che viene in considerazione è certamente l’art. 156, comma 2, c.c., ai sensi del quale “L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.

Nonostante la formulazione della citata disposizione non sia del tutto felice, sembra incontroverso che l’attenzione dell’interprete debba essere focalizzata sulla situazione reddituale e patrimoniale del soggetto obbligato, complessivamente considerata nella sua globalità. Tale situazione dovrà sostanzialmente essere indagata sulla base dei medesimi criteri con cui è stata precedentemente esaminata quella del coniuge richiedente l’assegno.

I redditi da lavoro

E, pertanto, il primo elemento che il giudice dovrà prendere in considerazione sarà certamente la capacità reddituale del coniuge potenzialmente obbligato, con specifico riferimento ai redditi da lavoro autonomo o dipendente. È importante precisare che il reddito che viene preso in considerazione è il reddito netto, ossia quello che residua una volta decurtato delle imposte e delle trattenute fiscali. Inoltre, nessuna rilevanza -ai fini della determinazione di tale reddito – hanno le trattenute e le decurtazioni volontariamente imposte dal coniuge obbligato (si pensi, ad es. alla cessione del quinto dello stipendio, alle ritenute sindacali, ecc.), poiché tali decurtazioni non riducono l’ammontare del reddito netto.

Ovviamente, sarà necessario valutare non solo lo svolgimento attuale di attività lavorativa da parte del coniuge potenzialmente obbligato, ma anche la sua attitudine ad un lavoro proficuo e/o le potenzialità evolutive reddituali dell’occupazione in corso di svolgimento.

La convivenza more uxorio

Come deve essere valutata la nuova convivenza intrapresa dal coniuge obbligato nelle more della separazione e precedente alla pronunzia dei provvedimenti relativi all’assegno?

Il principio fondamentale è che qualora da tale convivenza il coniuge abbia conseguito vantaggi economici che possano aver determinato un miglioramento della sua capacità reddituale o patrimoniale rispetto all’epoca della convivenza coniugale, è escluso che tali vantaggi possano influenzare l’entità dell’assegno di mantenimento.

Analogamente, qualora la convivenza di fatto intrapresa dal coniuge obbligato nelle more della separazione abbia cagionato allo stesso un pregiudizio economico dovuto alla necessità di mantenere il nuovo partner, deve essere parimenti escluso che tale situazione possa incidere negativamente sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento dell’altro coniuge. E ciò per l’evidente considerazione che la libera scelta del coniuge obbligato di instaurare una nuova relazione, fonte di nuove uscite, non può costituire pregiudizio per il coniuge economicamente più debole che ha, potenzialmente, diritto all’assegno di mantenimento.

Le elargizioni economiche ricevute dal coniuge obbligato

Molto spesso accade che, sia in costanza di matrimonio sia nelle more della separazione, il coniuge obbligato riceva, anche con regolare periodicità, elargizioni e/o contribuzioni economiche da parte della propria famiglia d’origine.

Che incidenza hanno tali contributi ai fini della determinazione del reddito dell’obbligato? La Corte di Cassazione, sez. I, con sentenza del 21 giugno 2012, n. 10380, ha escluso la rilevanza dei contributi economici percepiti dal coniuge onerato da parte della famiglia d’origine con questa motivazione: “Ritiene il Collegio che l’irrilevanza delle elargizioni liberali di terzi, quali i genitori, ancorché regolari e protrattesi anche dopo la separazione, debba confermarsi anche con riguardo agli aiuti economici ricevuti dal coniuge obbligato al pagamento dell’assegno. Decisivo è l’evidenziato carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti, che impedisce di considerarli reddito dell’obbligato, ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.c., così come non costituiscono reddito gli analoghi aiuti ricevuti dal coniuge creditore”.

La disparità tra le condizioni economiche dei coniugi

Una volta compiuta la valutazione globale e complessiva della situazione reddituale, patrimoniale e personale di ciascun coniuge, alla stregua dei parametri descritti, sarà poi necessario, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, procedere alla comparazione tra tali situazioni per accertare se sussista o meno una disparità reddituale e patrimoniale tra le stesse.

Tale requisito della disparità reddituale tra le posizioni dei coniugi è stato costantemente confermato dalla giurisprudenza, sia di legittimità sia di merito. Così, ad esempio, si esprime la Corte d’Appello di Roma, con sentenza 13 gennaio 2010, n. 96: “In tema di separazione personale tra i coniugi, le condizioni per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di redditi propri che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello condotto in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti. D’altro canto, ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento occorre, ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.c. avere riguardo alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, intendendosi per circostanze tutti quegli elementi fattuali di ordine economico o comunque in termini economici, suscettibili di incidenza sulle condizioni delle parti”.

Avviandoci alla conclusione di questo contributo, ricordiamo che l’assegno di mantenimento deve essere necessariamente oggetto di una specifica domanda di parte, il termine di decorrenza viene individuato costantemente nel momento della proposizione di detta domanda, mentre il termine di prescrizione decorre dalla scadenza di ogni singola prestazione. Infine, le ipotesi di estinzione de jure dell’assegno sono individuate nella morte o nella dichiarazione di morte presunta del coniuge beneficiario o di quello obbligato.

Avv. Paolo Messineo

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