Lo scioglimento della comunione ereditaria
Cos’è la comunione ereditaria
La comunione ereditaria è quella situazione giuridica che si viene a creare quando i beni facenti parte della massa ereditaria vengono devoluti a più soggetti i quali, quindi, succedono contemporaneamente in un’unica eredità.
Perché possa aversi comunione ereditaria è necessario che il defunto abbia istituito più eredi per quote ideali e non per beni singolarmente individuati: quindi, ad esempio, una casa lasciata al coniuge ed ai due figli, oppure una somma depositata in banca assegnata agli eredi pro quota.
Com’è facilmente intuibile, la comunione ereditaria molto spesso è incompatibile con le esigenze di gestione e di godimento dei coeredi: si pensi al classico caso dell’immobile di cui due o più figli sono divenuti comproprietari per successione ereditaria e non possano o non vogliano trovare un accordo tra loro per la gestione del bene comune.
Cosa fare in questi casi? La soluzione offerta dalla legge è il procedimento di divisione ereditaria che consente al coerede di diventare unico ed esclusivo proprietario dei beni che gli sono assegnati ed il cui valore è proporzionale alla quota ereditaria.
Quindi, con la divisione ereditaria ciascuno dei coeredi partecipanti alla comunione ottiene la titolarità esclusiva su una parte determinata del bene o dei beni precedentemente in comune.
Chi può chiedere la divisione ereditaria
L’art. 713, comma 1, c.c. dispone che “I coeredi possono sempre domandare la divisione”. Se ne deduce, pertanto, che per poter chiedere la divisione occorre preliminarmente acquisire la qualità di coerede in conseguenza dell’accettazione dell’eredità. Il coerede può chiedere in ogni tempo lo scioglimento della comunione ereditaria in quanto tale diritto è imprescrittibile; inoltre, il giudizio di divisione ereditaria comporta il litisconsorzio necessario di tutti i coeredi, nel senso che ciascun coerede deve essere convenuto in giudizio.
Oltre ai coeredi, sono legittimati a partecipare alla divisione:
- il successore a titolo universale di un coerede morto durante la comunione ereditaria;
- l’usufruttuario di quota ereditaria;
- il coerede istituito sotto condizione risolutiva;
- il legittimario pretermesso dal testatore che ha esercitato vittoriosamente l’azione di riduzione o che ha proposto l’azione di nullità contestualmente all’azione di riduzione;
- il curatore fallimentare per le finalità proprie della procedura concorsuale.
Tipologie di divisione ereditaria
Vi sono almeno tre diverse tipologie di divisione ereditaria, in ragione della fonte da cui origina il relativo procedimento. In particolare distinguiamo: 1) una divisione contrattuale, che si verifica quando i coeredi concordano sull’effettuazione della divisione e sul suo contenuto, che viene determinato, appunto, in un vero e proprio contratto; 2) una divisione giudiziale, che si ha quando, in mancanza di accordo tra i coeredi, il relativo procedimento è regolato dal giudice; 3) una divisione testamentaria, che si verifica quando si è in presenza di successione testamentaria e sia lo stesso testatore a prevederla all’interno della scheda testamentaria.
La divisione contrattuale
Come detto, i coeredi possono trovare un accordo per sciogliere la comunione ereditaria. In questo caso si redige un vero e proprio contratto in forza del quale essi si attribuiscono reciprocamente una porzione dei beni che compongono l’asse ereditario dal valore proporzionale alle rispettive quote (c.d. apporzionamento). In tal modo i diritti di comproprietà dei coeredi si trasformano in diritti di proprietà esclusiva su una parte della cosa comune o su singoli beni della comunione. Il contratto di divisione deve essere stipulato tra tutti i coeredi a pena di nullità e prevede la partecipazione necessaria di eventuali successori a titolo universale o particolare del singolo coerede. Poiché, poi, si tratta di un contratto di straordinaria amministrazione, nel caso in cui sia coinvolto un soggetto incapace sarà necessaria l’autorizzazione del Giudice Tutelare. Come previsto in generale per tutti i contratti, se il contratto di divisione ha ad oggetto beni immobili o altri diritti reali immobiliari deve avere forma scritta, deve essere autenticato da un notaio e successivamente sottoposto a trascrizione.
Molto spesso si verifica che le assegnazioni in natura non corrispondano perfettamente alle quote dei coeredi; in questo caso l’art. 728 c.c. prevede che la disuguaglianza tra le quote divisionali sia compensata con conguagli in denaro.
Attenzione. Prima di stipulare un contratto di divisione ereditaria, i coeredi, ove non siano stati espressamente dispensati, saranno tenuti alla collazione ereditaria. In altre parole, al fine della determinazione delle quote di ciascuno di loro, si dovrà tener conto di quanto ricevuto in vita dal testatore a titolo di donazione.
La divisione giudiziale
La seconda forma di divisione è quella giudiziale che, come detto, presuppone la mancanza di accordo tra i coeredi i quali, quindi, dovranno rivolgersi necessariamente ad un giudice. Occorre, tuttavia, ricordare che, ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010, la domanda giudiziale di divisione deve essere preceduta dall’esperimento della mediazione civile obbligatoria, che si pone quale condizione di procedibilità della domanda stessa.
Come detto, la divisione giudiziale è un’azione attivabile, ai sensi dell’art. 713 c.c., da ciascuno dei coeredi che non voglia rimanere in comunione con gli altri. Il testatore, tuttavia, può anche disporre che la divisione dell’eredità o di alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio.
Può accadere che l’eredità comprenda immobili non comodamente divisibili. In tale ipotesi l’art. 720 c.c. prevede che essi siano preferibilmente compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione.
Se poi, prosegue la norma, nessuno dei coeredi sia disposto ad accettare per intero l’immobile, si procederà alla sua vendita all’incanto.
La divisione testamentaria
La divisione testamentaria è disciplinata dall’art. 734 c.c. il quale, in sostanza, prevede che il testatore possa disporre, con disposizione testamentaria, la divisione dei beni ereditari tra gli eredi, impedendo così il sorgere della comunione. Se, tuttavia, nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al momento della morte, i beni non compresi si devolveranno secondo le regole della successione legittima, se non risulta una diversa volontà del testatore.
Il successivo art. 735 c.c. prevede l’ipotesi in cui il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti tra i soggetti in favore dei quali dispone la divisione. In questo caso, la norma richiamata commina la sanzione della nullità della divisione così disposta. Inoltre, il coerede che sia stato leso nella quota di riserva potrà esercitare l’azione di riduzione nei confronti degli altri coeredi.
Il diritto di prelazione ed il retratto successorio
In conclusione è necessario accennare ad un altro fondamentale istituto in materia di comunione ereditaria: il diritto di prelazione ed il conseguenziale retratto successorio. L’art. 732 c.c., infatti, prevede che “Il coerede, che vuole alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo dante causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria”.
L’istituto della prelazione ha, chiaramente, la finalità di mantenere quanto più possibile la proprietà del bene all’interno del nucleo familiare del de cuius, favorendo i coeredi che volessero acquisire la quota di quello tra loro che avesse intenzione di venderla, preferendoli ai terzi potenziali acquirenti.
Nel caso in cui il coerede alienante non rispettasse il diritto di prelazione stabilito in favore degli altri coeredi, la legge attribuisce loro il diritto di riscattare la quota ceduta nei confronti del terzo acquirente.
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali.
Avv. Paolo Messineo