Precedenza nella mobilità interprovinciale: la Cassazione dice no.
La precedenza nella mobilità interprovinciale
Una nuova “tegola” cade sulla testa dei docenti che, in possesso della precedenza per l’assistenza al genitore disabile grave, chiedono di usufruirne nelle operazioni di mobilità interprovinciale.
Con la recentissima Ordinanza n. 4677/2021 del 22/01/2021, infatti, la Corte di Cassazione pone un altro ostacolo sulla strada dei docenti che aspirano al rientro nella provincia di residenza del familiare assistito.
C’è da dire che, sino a questo momento, la giurisprudenza in materia è stata piuttosto favorevole nei confronti dei ricorrenti, riconoscendo l’illegittimità della norma della contrattazione collettiva che limita l’operatività della precedenza di cui all’art. 33, comma 5, Legge n. 104/92 alle sole operazioni di mobilità provinciale.
Il presupposto che (sino ad oggi) sta alla base delle pronunce di accoglimento è che il predetto articolo della Legge n. 104/92 è considerato “norma imperativa” e, come tale, non derogabile da parte della contrattazione collettiva, quale fonte di rango secondario; la sua violazione, pertanto, comporta la nullità, almeno parziale, della norma del CCNI ex artt. 1418 e 1419 C.C.
L’Ordinanza n. 4677/2021
Con l’Ordinanza in commento la Corte di Cassazione cambia totalmente prospettiva, negando che l’art. 33, comma 5, Legge n. 104/92 abbia valore di norma imperativa, atteso che esso “[…] indica una mera possibilità, e non attribuisce ai lavoratori un diritto assoluto e perfetto all’assegnazione della sede di servizio più prossima alla residenza dell’assistito, ma una posizione giuridica condizionata”.
“Pertanto”, prosegue la Corte, “non attribuendo un diritto assoluto, tale norma non poteva essere ritenuta inderogabile o imperativa, e dunque tale da determinare la nullità, anche solo parziale, ai sensi degli artt. 1418 e 1419 C.C., dell’art. 13 del CCNI”.
Centrale, nel ragionamento seguito dai giudici di legittimità, la valutazione dell’inciso “ove possibile”, contenuto nell’art. 33, comma 5, il quale così recita: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto di scegliere ove possibile la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere […]”.
Secondo la Corte tale diritto, a differenza della precedenza riconosciuta alla persona portatrice di handicap dall’art. 21 della Legge n. 104/92 (in sostanza, la precedenza personale), deve tener conto di “un bilanciamento di interessi tutti costituzionalmente protetti, di modo che il suo esercizio risulti compatibile con le esigenze organizzative della pubblica amministrazione datrice di lavoro, su cui grava l’onere della prova di circostanze ostative all’esercizio dello stesso”.
Tale bilanciamento avverrebbe tanto nella fase provinciale quanto in quella interprovinciale (in cui sarebbe pur sempre consentito al docente di far valere la precedenza in questione nelle operazioni di assegnazione provvisoria).
Il nostro punto di vista
Lo diciamo chiaramente, a scanso di equivoci. Non condividiamo nulla di quanto affermato dalla Corte di Cassazione: sembra, infatti, oltremodo illogico ed irrazionale negare il diritto di precedenza al docente che, trovandosi fuori provincia, debba prestare assistenza al genitore disabile e, quindi, negare tale possibilità di assistenza proprio in una situazione di lontananza che – al contrario – amplifica la necessità di stare quanto più vicino possibile alla persona da assistere.
Dal punto di vista squisitamente giuridico, poi, si contesta radicalmente l’interpretazione dell’art. 33, comma 5, Legge n. 104/92 data dalla Cassazione che, come detto, ne esclude la valenza di norma imperativa.
La ratio legis della norma, infatti, oltre al fatto di essere inserita all’interno di una legge contenente “I principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza alla persona handicappata”, rendono evidente che si tratti di una norma dalla natura manifestamente “imperativa”.
E poiché la finalità ultima dell’intera legge è quella di tutelare al massimo l’assistenza e l’integrazione del disabile, riteniamo che l’inciso “ove possibile”, cui tanto si appigliano le difese del Ministero, debba essere interpretato in senso costituzionalmente orientato e nel senso più restrittivo possibile, senza lasciare – cioè – margini di discrezionalità alla valutazione dell’Amministrazione scolastica.
Su quest’ultima, poi, dovrebbe gravare l’onere di dimostrare concretamente quali siano le esigenze organizzative e produttive per la cui tutela il diritto di precedenza in questione possa essere ragionevolmente e legittimamente sacrificato.
Conclusioni
Alla luce dell’ordinanza in commento, non possiamo non ritenere profondamente ingiusto e giuridicamente contestabile questo orientamento limitativo che, se letto unitamente a quello già adottato sempre dalla Cassazione nel dicembre 2019 in tema di riconoscimento del servizio prestato nella scuola paritaria, sta creando un serio ostacolo alla possibilità che molti docenti e lavoratori del Comparto Scuola possano ricongiungersi ai propri familiari, specialmente a quelli che necessitano di assistenza.
Nonostante tutto, il nostro Studio legale sarà sempre disponibile ad assumere la difesa in giudizio del personale scolastico che vuole legittimamente riconosciuto il diritto alla precedenza per assistere un familiare in condizione di handicap.
Concludiamo esprimendo l’auspicio che possa intervenire un nuovo pronunciamento di segno contrario all’attuale e che, comunque, i giudici di merito possano discostarsene accogliendo i ricorsi dei docenti.
Avv. Paolo Messineo
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